Suor M. Bernadeta Banja

Terezija (Sr. Bernadeta) Banja nacque il 17 giugno 1912 a Veliki Grđevac presso Bjelovar, in Croazia, e fu battezzata il giorno seguente nella chiesa parrocchiale dello Spirito Santo. Suo padre Josip, da giovane vedovo, era immigrato in Croazia dall’Ungheria, da Kapošvar, villaggio distante sette chilometri da Subotica. Con il figlio Mirko e con la madre Klara prese alloggio a Veliki Grđevac. Presto sposò una ragazza, Tereza Kovač, i cui genitori erano anch’essi di origine ungherese.

Dal matrimonio di Josip e Tereza nacquero tredici figli, dei quali sei morirono in tenera età. Terezija, che era la dodicesima, crebbe in una famiglia cristiana esemplare. Sua sorella maggiore, Rozalija, sposata Tomaić, racconta: “La mamma e il papà erano terziari. Nel matrimonio andavano molto bene d’accordo, e insegnarono e diressero noi figli sul sentiero giusto. (…) Il papà fece in casa un piccolo altare davanti a cui pregavamo, e spesso anche i vicini solevano venire per pregare insieme con noi, soprattutto nel mese di maggio. La mamma e il papà trasmisero questo spirito di preghiera anche a noi figli”. Il fratello Miško ricorda che nel villaggio si soleva dire “devoti come i Banja”.

I genitori educavano i figli, oltre che alla devozione, al lavoro e all’onestà. Rozalija testimonia: “Il padre era agricoltore e fabbricatore di cinghie, la madre casalinga. Erano molto perseveranti e cercavano di trasmettere anche a noi figli la loro perseveranza”. Così la preghiera e il lavoro hanno segnato la vita della piccola Terezija già dalla sua infanzia.

Frequentò la scuola elementare a Veliki Grđevac, e nel tempo libero volentieri aiutava i genitori nei servizi di casa. Mentre custodiva il bestiame al pascolo famigliare, spesso cercava, con il rosario in mano, un luogo solitario per pregare e leggere. Le piaceva il raccoglimento, ma era di carattere gioioso e vivace.

Nella sua giovinezza rivelò ai genitori il suo desiderio di consacrarsi a Dio nella vita religiosa. Sua sorella Rozalija racconta: “Diceva che Dio l’aveva chiamata e di voler andare per quella strada”. Ricorda che diceva: “Preferirei morire che non realizzare la mia vocazione”. A diciassette anni, con la benedizione dei genitori, lasciò la sua famiglia e andò in convento.

Nel giugno 1929 fu accolta nella comunità delle Figlie della Divina Carità di Koprivnica, dove rimase, da candidata, per alcuni mesi, poi fu mandata nella casa di formazione religiosa a Sarajevo. Nell’agosto 1930 entrò nel noviziato e ricevette il nome suor Marija Bernadeta. Nel secondo anno di noviziato, maestra delle novizie era Sr. Berchmana Leidenix, che introdurrà la novizia Sr. Bernadeta alla bellezza e alla grandezza della consacrazione a Dio per mezzo dei voti, spiegandole la via della semplicità evangelica e le Regole della Congregazione.

Il 15 agosto 1932 emise i voti temporanei, e il 28 agosto 1938 quelli perpetui. Due mesi dopo la professione dei primi voti, veniva trasferita a Pale e destinata al lavoro in cucina. Questo fu il suo unico trasferimento.

Già da candidata, si fece notare per l’obbedienza e per la serietà, per l’affidabilità e per la sua diligenza. Suor Maksimilijana Weisner, sua maestra nella formazione, dichiara: “Mai dovevo ripetere una cosa due volte. Nell’obbedienza era coscienziosa e pronta a sacrificarsi”. L’obbedienza però non era, per lei, una cosa naturale, ma imparata a caro prezzo con un costante esercizio. Nella relazione prima della sua entrata nel noviziato, di lei fu scritto: “Il suo carattere inclina all’orgoglio, tuttavia accoglie le ammonizioni con calma perché ha imparato a dominare se stessa”.

Nelle testimonianze delle sorelle, sono messe in rilievo le sue dominanti qualità umane e religiose. Lei è, per loro, esempio di sacrificio e di lavoro. Nel suo servizio in cucina era paziente, preparava il cibo con grande amore e premura. Suor Irena Hočevar sintetizza tutte le sue qualità in una sola: “Fedele nel poco”. Le altre dichiarano che era contenta di tutto, e mai si lamentava di qualcosa. Suor Vitalija Oletić, che l’aiutava spesso in cucina, racconta: “Era veramente una buona sorellina. Non mi ricordo di averla mai vista nervosa o impaziente. Era sempre raccolta”.

Siccome era molto piccola di statura, ebbe molte occasioni per esercitarsi nella pazienza, nell’accettare se stessa e i servizi a lei affidati. Suor Roza Gavran, sua compagna di noviziato, racconta: “Da cuoca doveva servirsi di uno sgabello per poter sorvegliare e mescolare il cibo che stava preparando. Lo faceva in modo molto abile ed era simpatico osservarla. Accettava eroicamente questo difetto dando l’impressione di sopportarlo con gioia”.

Suor Valerija Trgovčević dichiara che era piccola di corpo, ma grande di spirito. Poi conclude: “Quando metto insieme tutto ciò che conosco della nostra sorella, posso dire brevemente e concisamente così: Nel corpo e nell’anima plasmata dalla mano di Dio per essere il raggio di sole per coloro con i quali, tra i quali e per quali ha vissuto. Era il piccolo cuore e l’arteria pulsante di quella piccola comunità di Pale”. Altre sorelle confermano la stessa testimonianza. Ricordano la sua instancabile e gioiosa premura in cucina, cosa che in quel tempo, quando tutto era a legna, e l’acqua si doveva attingere dal pozzo, non era facile, ma comportava molta fatica e notevoli sacrifici. Suor Beata Tomić riferisce: “Ciò era abbastanza faticoso, però non si poté mai notare che le fosse difficile”.

Suor Bernadeta ha subito il martirio all’età di 29 anni.

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