Sabato 24 settembre, nel complesso sportivo di Zetra, a Sarajevo, in Bosnia-Herzegovina, più di 18.000 pellegrini provenienti dalla Bosnia, dalla Croazia e dalla Slovenia hanno partecipato alla cerimonia di beatificazione delle 5 suore della Figlie della Divina Carità, conosciute come “Martiri della Drina”, uccise dai Cetnici di Draza Mihailovic nel 1941. La liturgia è stata officiata dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza del Santo Padre.

Erano presenti 3 cardinali, 3 Nunzi Apostolici, una trentina di vescovi, più di 450 sacerdoti, innumerevoli suore dei vari Ordini, oltre a gruppi da tutte le parti del mondo, soprattutto le suore dell’Ordine delle Figlie della Divina Carità. Il cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo ha detto: «Con le loro origini e la loro missione hanno dimostrato che il cuore cristiano non conosce confini”. «Queste martiri, queste suore sono portatrici di quelle che io chiamerei le ‘virtù forti’, e cioè il coraggio, la castità, la bontà. Queste virtù forti indicano robustezza di fede e forte volontà di sopportazione nel soffrire, nello sperare e nell’amare. Risiede in ciò il messaggio che lasciano alla Chiesa di Bosnia-Erzegovina e a tutta la Chiesa, le Martiri della Drina», ha affermato il cardinale Amato. «Queste martiri ci dicono che c’è nella storia l’eterna lotta tra Dio, fonte di vita, e il nemico di Dio, il serpente antico, fonte di inimicizia e di morte. Queste cinque consacrate beatificate oggi dimostrano che si può resistere al male anche a mani nude, forti solo della propria fede. Si può vincere il male, anche lasciandosi colpire, ma non cedendo alle minacce». «I martiri muoiono, ma fanno rifiorire la vera umanità. All’inferno creato dall’uomo, con i lager, i gulag, i laogai, le guerre, il martire risponde con il richiamo del paradiso, della pace tra i popoli, della comunione fraterna».

Le Figlie della Divina Carità, su invito dell’arcivescovo Mons. Giuseppe Stadler, giunsero a Sarajevo nel 1882 accompagnate personalmente dalla fondatrice della Congregazione Franziska Lechner. Nel 1911 a Pale, non lontano da Sarajevo, aprirono il convento Casa di Maria. Originalmente pensato come un’oasi per il recupero dei malati e delle sorelle insegnanti presso l’Istituto San Giuseppe a Sarajevo, la Casa di Maria divenne famosa per le opere di carità verso tutti i bisognosi che bussavano alla sua porta, particolarmente verso i vicini ortodossi, per cui fu soprannominata “l’ospizio dei poveri”. Nell’anno di guerra 1941 nel convento di Pale era superiora Sr. M. Jula Ivanisevic (Croata, nata nel 1893); il resto della comunità era formato da Sr. M. Berchmana Leidenix (Austriaca, nata nel 1865); Sr. M. Krizina Bojanac (Slovena, nata nel 1885); Sr. M. Antonija Fabjan (Slovena, nata nel 1907) e Sr. M. Bernadeta Banja (Ungherese, nata nel 1912). Le sorelle con la vita e il lavoro testimoniarono attivamente l’amore cristiano nello spirito della loro Congregazione. Con spirito di sacrificio curavano molti malati; donavano generosamente il pane ai bambini della Casa del Bambino, che apparteneva allo Stato: senza fare alcuna differenza riguardo la fede e la nazionalità, soccorrendo i poveri e i mendicanti che venivano da loro dalla montagna Romanija.

L’11 dicembre del 1941, però, i cetnici deportarono tutte e cinque sorelle in direzione di Gorazde, saccheggiando ed incendiando il loro convento. Questa loro Via Crucis nel freddo e nella neve, senza l’abbigliamento adeguato, con gli interrogatori e le investigazioni, le minacce e le offese, le condusse prima a Careve Vode (Acque dell’Imperatore) e poi a Sjetlina, dove la 76-enne Sr. Berchmana, provata dal viaggio e da ciò che era successo, fu separata dalle altre sorelle e trattenuta. Le sorelle Jula, Krizina, Antonija e Bernadeta, invece, furono condotte fino a Gorazde.
Il viaggio da Pale a Gorazde attraverso la montagna Romanija durò quattro giorni e quattro notti. A Gorazde arrivarono nel pomeriggio del 15 dicembre e furono sistemate nella caserma al secondo piano. La stessa sera i Cetnici sfrenati, completamente ubriachi, sfondarono la porta della camera delle sorelle e le aggredirono, volendo abusare di loro. Per difendere la loro dignità e preservare la castità promessa con voto, le sorelle fuggirono dalle braccia dei loro aggressori e l’una dopo l’altra cercarono scampo gettandosi dalla finestra. I Cetnici, allora, scesero di corsa davanti alla caserma e con i coltelli finirono le sorelle già ferite e le gettarono nel fiume Drina, che, qualche giorno dopo, portò via i loro corpi.
Sr. Berchmana, nel frattempo, era rimasta a Sjetlina e si preoccupava visibilmente. Dopo, come era stato stabilito, doveva raggiungere a Gorazde le altre sorelle, che già erano state uccise. Due Cetnici la trasportarono con la slitta. Al ritorno il cocchiere disse che aveva raggiunto le sorelle. Uno di loro al collo portava come un trofeo il rosario di lei. È stato registrato che fu uccisa il 23 dicembre del 1941.

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